Unbalanced tourism: tecnologie e nuove prospettive per ripensare e gestire il turismo

L’overtourism rappresenta la problematica simbolo del turismo contemporaneo. Come spesso accade ai termini che conquistano la ribalta mediatica, esso rischia di ridursi a uno slogan generico, incapace di restituire la complessità dei fenomeni che descrive. Proprio per questo, occorre domandarci cosa intendiamo davvero quando parliamo di overtourism e, soprattutto, come possiamo affrontare in modo efficace le sfide che esso pone.

Grazie ai progressi tecnologici e all’analisi avanzata dei dati, oggi è possibile superare il concetto tradizionale di overtourism per adottare la prospettiva più ampia di unbalanced tourism. Parlare solo di sovraturismo, infatti, significa concentrarsi sui casi più eclatanti di affollamento in alcune destinazioni iconiche, ignorando l’altra faccia del problema: il sottoturismo o undertourism, ossia la mancanza di visitatori in molte aree meno conosciute o accessibili. La sfida è dunque trovare un equilibrio tra i benefici e i costi collettivi del fenomeno turistico, abbracciando una visione olistica che consideri l’intero spettro degli squilibri, dalle situazioni di sovraccarico alle aree escluse dai flussi. Solo così potremo immaginare un turismo davvero sostenibile e capace di creare valore condiviso per tutti gli stakeholder.

Da una prospettiva “capacity-centric” a una “perception-centric”

L’idea di “sovraturismo” non è nuova. Nel 1981, l’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNTWO) introduceva il concetto di “capacità di carico turistica”, definendola come il numero massimo di persone che possono visitare un luogo contemporaneamente senza causare danni all’ambiente fisico, economico e socioculturale. Un approccio che, col tempo, si è rivelato limitato: pensare al turismo in termini puramente quantitativi e ingegneristici non basta. Oggi sappiamo che quel “massimo” non è fisso, ma è un concetto dinamico e soggettivo: si parla di overtourism quando residenti o turisti percepiscono un eccesso di visitatori, tale da compromettere la qualità della vita o dell’esperienza.

Questo spostamento verso un approccio qualitativo, basato sulle percezioni, ha avuto il merito di restituire voce alle comunità locali e ai viaggiatori, riconoscendo loro il diritto di definire i limiti della sostenibilità turistica. Tuttavia, non è sufficiente. In un contesto post-pandemico, l’overtourism si presenta sempre meno come un problema isolato e sempre più come una costellazione di criticità interconnesse e in continua trasformazione, che richiede risposte complesse, articolate e multilivello.

Undertourism: l’altra faccia dell’overtourism

Per orientarsi in questa complessità, è utile adottare una duplice prospettiva: da un lato, considerare gli attori coinvolti – residenti, turisti, imprese locali, attrazioni culturali, amministrazioni pubbliche – e, dall’altro, le tipologie di intervento possibili, che spaziano da politiche normative a strategie promozionali, da iniziative comunitarie “dal basso” a innovazioni di prodotto e servizio nel settore turistico. Solo un approccio capace di tenere insieme queste due dimensioni, e di rinunciare alla pretesa di individuare problemi universali da evitare en bloc, consente di intravedere l’altra faccia dell’overtourism. Perché, se è vero che il sovraffollamento affligge alcuni hotspot turistici, è altrettanto vero che innumerevoli località, attrazioni e musei restano ai margini, dimenticati e deserti.

Inoltre, non tutti i flussi che congestionano le città sono di natura strettamente turistica. I mezzi pubblici, ad esempio, risultano sovraccarichi non solo per l’afflusso di visitatori, ma anche per la presenza di pendolari, lavoratori, studenti e altri utenti della mobilità urbana. Comprendere chi realmente alimenta questi flussi e quali siano le specifiche esigenze di ciascun gruppo è una condizione imprescindibile per delineare strategie di intervento efficaci, capaci di rispondere alla complessità dei sistemi urbani contemporanei e di affrontare in modo mirato le criticità legate alla congestione.

Combattere l’unbalanced tourism: la tecnologia come moltiplicatore di efficacia

L’analisi dei casi più emblematici di gestione dell’overtourism suggerisce che le strategie più efficaci e sostenibili nel lungo periodo sono quelle che integrano in modo consapevole e strutturato le tecnologie digitali. L’unione tra strumenti avanzati di raccolta e analisi dei dati e l’adozione di soluzioni tecnologiche mirate consente di amplificare l’efficacia degli interventi, fungendo da moltiplicatore dei benefici e da leva per una governance più informata e responsiva.

Esemplare, in quest’ottica, il caso di Capri: un’isola di 10,4 chilometri quadrati, con 13.000 residenti, che ogni anno accoglie oltre 3 milioni di visitatori, con un incremento dell’87% negli arrivi non programmati tra il 2019 e il 2023. Qui, l’adozione di un approccio basato sui dati ha portato allo sviluppo di un Indice di Sostenibilità della Destinazione che integra quattro dimensioni cruciali: l’esperienza dei visitatori, il benessere dei residenti, la tutela ambientale e la performance economica locale. I risultati sono eloquenti: quando i flussi vengono gestiti sulla base di dati oggettivi, la quota di feedback negativi si riduce a una soglia minima, pari al 3%.

Anche a Dubrovnik l’adozione di un sistema integrato di tecnologie digitali ha permesso di creare un ecosistema di risposta adattiva. Dal calcolo dinamico della Tourism Carrying Capacity ai sensori IoT per il monitoraggio dei flussi in tempo reale; dalle app con notifiche push per evitare il sovraffollamento alle piattaforme di citizen reporting per le segnalazioni in tempo reale da parte dei visitatori, ogni strumento concorre a massimizzare il valore economico prevenendo il sovraccarico delle infrastrutture e garantendo una gestione più armonica e sostenibile dell’affluenza in destinazione.

L’unbalanced tourism e il cambio di paradigma

Da questi esempi emerge una direzione chiara: la tecnologia non è una panacea, ma uno strumento essenziale per superare la logica emergenziale dell’overtourism e abbracciare una visione più articolata di ubalanced tourism.

L’obiettivo non è ridurre il turismo in sé, ma redistribuirlo meglio nello spazio e nel tempo, per promuovere uno sviluppo territoriale più armonico e sostenibile. Si tratta, in fondo, di restituire al viaggio la sua dimensione più autentica – un incontro tra persone, luoghi e culture, capace di generare valore non solo economico, ma anche sociale e culturale, sia per chi parte, sia per chi accoglie.

A cura di

Linda Fasoli

Ricercatrice

Federica Russo

Ricercatrice

Ricercatrice Senior Osservatorio Business Travel e Travel Innovation

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